I colori della fragilità

Ormai lo sappiamo. Non esistono scritture femminili o maschili, esistono solo belle o brutte scritture, buoni o cattivi scrittori. E Teresa Giulietti è una brava scrittrice, una che con la penna ci sa fare. Il suo ultimo libro, “I colori della fragilità”, scorre agile e avvincente dalla prima pagina all’ultima, grazie a una scrittura elegante, venata di ironia e sottile erotismo. Ma non potrebbe essere in alcun modo scritto da un uomo, forse per la delicatezza e la partecipazione, mai pietistica, alle vicende di un bambino diverso, forse perché osa parlare d’amore tout court in un’epoca in cui il sentimento è tabù (ricordate Roland Barthes? “…ciò che è indecente non è più la sessualità, ma la sentimentalità…”) e se proprio se ne deve parlare, lo si nasconde sotto una cortina di emozioni luride e violente.

Invece qui Laura è classicamente divisa tra due amori, Francesco, l’amante capace di farla vibrare, ma che, com’è tipico, fa la spola tra il rassicurante nido coniugale e la passione che gli tiene vivi i sensi e la mente, e June, la scultrice italo-tunisina venuta ad abitare sopra di lei. Una sorpresa anche per Laura, che non aveva mai rintracciato in sé inclinazioni omosessuali, ma che è abbastanza libera di testa per seguire ciò che è sincero, se lo incontra. E poi June possiede una bellezza irregolare e selvaggia, una forza e un ancoraggio a terra che Laura sente di non avere. Né alcuno si formalizza, nella casa in cui vive, una specie di comune strampalata, nello stile “favoloso mondo di Amélie”, dove abitano un cane filosofo, mucche con le ali, un vecchio professore un po’ viscido e soprattutto Lorenzo, il bambino dalle ossa di vetro, afflitto da osteogenesi imperfetta, una malattia che gli rende difficile persino lo stare in piedi e gli impedisce la crescita, così che anche un abbraccio potrebbe spezzarlo.

Il male l’ha costretto a maturare anzitempo, è una specie di piccolo genio, dolente e consapevole. Vuole diventare un secondo Van Gogh, ha una particolare sensibilità per i colori e ne attribuisce uno a ogni persona, a ogni emozione, è come se vedesse l’aura di ciascuno. Laura è empaticamente attratta da lui, gli si dedica, e lui la ricambia insegnandole a vedersi per quello che è, con le sue paure e fragilità, il suo timore di non essere amata che è poi quello di tanti esseri umani. Le insegna infine ad accettarsi e ad assumersi la responsabilità delle sue scelte, facendola avanzare di un bel po’ sul terreno della consapevolezza.

Francesca Avanzini

I colori della fragilità, Zona contemporanea, pp. 235, € 18